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La diciottesima giornata di Serie A si apre con la sfida più importante, quella che potrebbe riaprire i discorsi per lo Scudetto o, almeno per una squadra, chiuderli quasi del tutto. Nella serata di venerdì 13 gennaio, alle 20.45, il Napoli ospiterà la Juventus al Diego Armando Maradona per una partita che potrebbe essere decisiva per le sorti del campionato. Vincendo, i partenopei centrerebbero la seconda vittoria su altrettanti scontri con le dirette inseguitrici, per l’appunto i bianconeri e il Milan, e manderebbero la Vecchia Signora a -10. In caso di vittoria degli uomini di Massimiliano Allegri, invece, il vantaggio sulla seconda si ridurrebbe a soli quattro punti, e il morale dei torinesi, già alle stelle per le otto vittorie consecutive, potrebbe essere ulteriormente accresciuto da questo successo. La gara sarà fondamentale per entrambe le squadre, dunque, e Luciano Spalletti e i suoi sanno che un successo potrebbe essere importantissimo per il prosieguo del campionato.
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Napoli-Juventus, i precedenti: una classica del nostro calcio
Quella tra Napoli e Juventus non è certamente una partita come le altre, ma una partita cardine del calcio italiano, soprattutto negli ultimi anni. Sono stati ben 178 gli incroci nella storia tra le due squadre, tra Serie A-Divisione Nazionale, Coppa Italia, Supercoppa italiana, Serie B e Coppa UEFA, che vedono i bianconeri avanti con 84 vittorie, contro le 44 dei partenopei, a fronte di 50 pareggi. Il primo confronto tra le due risale addirittura al novembre 1926, quando i bianconeri si imposero per 0-3 con la tripletta del futuro azzurro Antonio Vojak. Due anni e mezzo dopo, nel maggio 1929, arrivò la prima vittoria per il Napoli, con Carlo Buscaglia che realizzò l’unico gol della gara per l’1-0 finale. Andiamo ora ad analizzare tre dei precedenti più famosi e ricordati con più piacere dai tifosi partenopei.
3 novembre 1985, 1-0: “Tanto gli faccio gol comunque”
Dopo otto vittorie in altrettante giornate di campionato, la Juventus guidata da Giovanni Trapattoni, con Michel Platini come punta di diamante, arriva al San Paolo per la sfida contro il Napoli di Diego Armando Maradona, alla sua seconda stagione in azzurro. Il mister partenopeo Ottavio Bianchi schiera il solito 4-3-1-2 con Claudio Garella in porta, Giuseppe Bruscolotti, Alessandro Renica, Antonio Carannante e Moreno Ferrario in difesa. I centrocampisti sono Eraldo Pecci, Salvatore Bagni e Costanzo Celestini, con la fantasia del Pibe de Oro sulla trequarti alle spalle di Bruno Giordano e Daniel Bertoni. Quel 3 novembre, però, il tempo è capriccioso, e il campo pesante non sembra favorire il gioco palla a terra, impedendo in teoria i dribbling e le giocate spettacolari per cui il Diez è famoso. Ma Diego non è come gli altri, e lo stato del terreno di gioco sembra non importargli particolarmente. Accelerazioni, cambi di direzione, finte, tutto il repertorio del fuoriclasse argentino va in scena a Fuorigrotta, e i difensori bianconeri non trovano altro metodo che il fallo per fermarlo (e spesso neanche quello basta). Dal canto suo, la Juventus non sembra essere scesa in campo: i grandi giocatori della Vecchia Signora non si rendono mai pericolosi, e non impensieriscono mai il portiere azzurro Garella. Al minuto 72, però, arriva l’episodio che cambia la gara, e che consegnerà definitivamente questa partita alla leggenda.
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Un fallo da ostruzione su Daniel Bertoni all’interno dell’area di rigore viene punito dall’arbitro con una punizione indiretta. Sul pallone ci sono Maradona ed Eraldo Pecci, ma subito si riscontra un problema: la barriera non rispetta la distanza regolamentare: i giocatori della Juventus si sono posizionati a neanche 5 metri dal punto di battuta, una distanza irrisoria rispetto ai regolamentari 9.15. Il capitano del Napoli Giuseppe Bruscolotti va a parlare con il direttore di gara, il signor Redini, ma il fischietto di Pisa finge di non vedere, e la situazione è tesa. Seguono parecchi minuti di discussione, che si concludono quando Diego si avvicina al difensore e gli dice: “Tiro lo stesso. Tanto gli faccio gol comunque“. Lo stesso Pecci è incredulo, quando il Diez gli chiede di toccargli il pallone quel tanto che basta per calciare ma, dopo l’ennesima richiesta del Pibe, il centrocampista cede: “Fai come ti pare, Maradona sei tu“. È la resa della ragione, il momento chiave della gara. Lo storico romano Tacito, nel dialogo De oratoribus del 102 d.C., affermava che, quando le condizioni lo permettevano, bisognava “se ipsum colere, suum genium propitiare”, cioè “corteggiare sé stessi, favorire il proprio genio“. Le personalità più straordinarie devono avere la libertà di esprimere la propria unicità, mostrare la genialità che le caratterizza, che le rende quello che sono. Ecco, in questo caso le condizioni difficilmente lo avrebbero permesso, ma il genio calcistico di Diego andava anche oltre.
Al momento del tocco del numero 8, dalla barriera si staccano Antonio Cabrini e Gaetano Scirea, due dei più grandi difensori della storia del calcio italiano. I due si portano in avanti, a meno di un metro dal piede di Maradona. Quando il Diez calcia, non c’è uno spiraglio libero, nessun modo per far passare il pallone, la porta è del tutto irraggiungibile. Il tiro arriva, però, è la traiettoria è letteralmente inspiegabile. La parabola disegnata dall’argentino cambia direzione repentinamente, cosa che sarebbe impossibile, in teoria. La caviglia di Diego si muove in modo innaturale, ancora non si sa quale sia il legamento, ammesso che sia quello, che ha permesso tale movimento. Fatto sta che quel tiro è magistrale. La palla si alza sopra la barriera, per poi abbassarsi tutto d’un tratto e insaccarsi nell’angolo alto, con il portiere bianconero Stefano Tacconi che colpisce il palo con la testa. Il Napoli esulta per la magia del suo fuoriclasse, i giocatori della Juventus ancora si chiedono come sia possibile. Quello è forse il momento in cui è nato il miglior Maradona, il campione, il fuoriclasse che, l’anno dopo, porterà la squadra partenopea a vincere il campionato.
9 gennaio 2011, 3-0: il Matador la fa da padrone
Ultima giornata del girone d’andata del campionato 2010-2011. Una Juventus in piena crisi, reduce dalla sconfitta casalinga per 1-4 contro il Parma, affronta un Napoli che vuole rifarsi dopo la sconfitta a San Siro contro l’Inter per 3-1. L’allenatore partenopeo Walter Mazzarri schiera il suo fidato 3-4-2-1 con il capitano Paolo Cannavaro, Hugo Campagnaro e Gianluca Grava a protezione della porta di Morgan De Sanctis. Christian Maggio e Daniele Dossena agiscono sugli esterni, con Walter Gargano e Michele Pazienza al centro del campo. Marek Hamšík ed Ezequiel Lavezzi, sulla trequarti, giocano a supporto dell’unica punta Edinson Cavani. E sarà proprio il Matador il grande protagonista di una partita che gli azzurri domineranno dal primo all’ultimo minuto.
Dopo neanche venti minuti, arriva già il primo sigillo: azione costruita sulla corsia di destra, con Lavezzi che serve Gargano, il quale cerca a sua volta Maggio. Il cross del numero 11 è preciso e trova a centro area proprio Cavani, che con un colpo di testa schiaccia il pallone, facendolo rimbalzare sul terreno per poi finire nell’angolino alla sinistra di Marco Storari, nonostante il tentativo di recupero in extremis di Leonardo Bonucci. Undicesimo gol in campionato per l’uruguaiano, alla prima di quelle che saranno tre indimenticabili stagioni con la maglia azzurra. Dopo soli cinque minuti, e dopo un gol annullato a Luca Toni a causa di una manata in faccia a De Sanctis, il Matador raddoppia, sempre di testa: azione che si svolge però sulla sinistra, con un lancio di Campagnaro per Dossena, il quale crossa in area dove trova, puntualissimo, il numero 7. Cavani salta più in alto di Armand Traoré e stavolta, sempre schiacciando, manda la palla a destra, con Storari ancora immobile. Il capolavoro si completa al 53′, quando un cross basso di Hamšík trova, ovviamente, sempre Cavani, che in tuffo, di testa (anche se alcuni credevano si trattasse di un colpo di tacco), batte per la terza volta il portiere bianconero. Seconda tripletta per il Matador dopo quella in Europa League contro l’Utrecht, la prima in Serie A per un giocatore che, in soli tre anni, farà la storia del Napoli, imponendosi come uno dei calciatori più forti ad aver mai indossato la maglia azzurra.
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11 settembre 2021, 2-1: inizio horror, ma Koulibaly nel finale completa la rimonta
L’ultima partita che analizziamo in questa sede è l’ultimo Napoli-Juventus giocato al Diego Armando Maradona, alla terza giornata del campionato di Serie A 2021-22. Gli azzurri guidati da Luciano Spalletti si schierano con David Ospina in porta, difeso dalla linea composta da Giovanni Di Lorenzo, Kōstas Manolas, Kalidou Koulibaly e Mário Rui. A centrocampo, con Fabián Ruíz, c’è André-Frank Zambo Anguissa, appena arrivato dal Fulham e già lanciato nella mischia in una partita importantissima (sarà autore di una prestazione sontuosa). Sulla trequarti, alle spalle di Victor Osimhen, agiscono Matteo Politano, Eljif Elmas e il capitano Lorenzo Insigne.
La partita, però, sembra iniziale molto male per gli azzurri, con uno sciagurato errore di Manolas che, al 10′, prova un retropassaggio a dir poco scellerato consegnando praticamente il pallone ad Álvaro Morata, che ringrazia e insacca lo 0-1. Nonostante qualche azione da entrambe le parti, con Dejan Kulusevski in particolare che si rende pericoloso, il primo tempo si conclude così. Nella ripresa, però, gli azzurri giocano decisamente meglio, e al 57′ trovano il pareggio: Insigne, con il suo solito tiro a giro, impegna Wojciech Szczęsny, che non trattiene il pallone. Politano è più veloce di tutti sulla respinta e segna il gol del pareggio in tap in. Da lì in poi, è un assedio azzurro, con il tiro del capitano prima, bloccato dal portiere avversario e la botta da fuori area di Fabián Ruíz poi, finita alta, che fanno venire un brivido sulla schiena dei bianconeri. Brivido che si concretizza all’85′ quando, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, il portiere polacco deve superarsi su un grossolano errore di Moise Kean, che rischia l’autogol, ma ancora una volta è un giocatore del Napoli il più veloce a ribattere in porta: si tratta di Koulibaly, che segna il suo secondo gol alla Juventus, ancora una volta fondamentale, ancora una volta decisivo, come è sempre stato, sia in attacco che, soprattutto, in difesa, il centrale senegalese nei suoi anni in azzurro.