Ieri venerdì 13 gennaio, alle 20:45 di sera, è andato in scena uno degli spettacoli meno conosciuti della storia del grande palco, ma che è destinato a diventare un capolavoro di chi ama questo genere di messe in scena. Al Teatro Diego Armando Maradona, nominato in memoria di chi più di tutti nel corso della sua carriera è riuscito a trasmettere la sua arte al pubblico, il protagonista della serata è stato il Napoli, nome dell’orchestra guidata dal suo grande direttore: Luciano Spalletti. L’uomo di Certaldo, Toscana, nel corso dell’ultimo anno e mezzo, è riuscito a dare la sua impronta ad una compagnia che sembrava aver perso la sua identità e non parliamo solo di chi sale sul palco con la consapevolezza di vestire d’azzurro, ma anche a chi canta nel contorno dell’edificio: infatti, nel prato del Teatro Maradona, sembrava esserci il cuore di tutti i sessanta mila spettatori che del campo ne facevano la cornice, come ad ammirare un quadro di cui in realtà fai parte e ne sei il protagonista: “Voglio far impazzire questa città”, queste le parole del direttore Spalletti, che non si è concentrato nell’amministrare quello che è il fulcro del Teatro Maradona, ma anche ciò di cui è circondato, facendo crescere l’ambiente di una città che merita tutto quello che sta vivendo.
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Di solito, per frequentare posti di alta classe come il Teatro Maradona, bisogna essere uomini nobili, provenienti da grandi famiglie che si possano permettere il lusso di far parte di questo meraviglioso giro di spettacolo. Ma il Teatro Maradona non è così, è per tutti e chi vede una delle opere che vengono mostrare sul suo grande palco, resta sempre emozionato e senza parole, con uomini e donne, anziani o giovani che siano, che escono dall’edificio come se non avessero mai vissuto nulla del genere, e in effetti è così. In realtà bisogna dire nel corso della storia, non è mai stato raggiunto questo livello di consapevolezza: chi conosce bene il posto, sa che ci sono voluti quasi 15 anni per vivere questo tipo di esperienze, con 11 showmen che si divertono sul palco come se volessero inscenare la passione che avevano fin da bambini, con sorrisi, e ogni tanto anche pianti, che emozionano i palcoscenici di tutta la penisola tricolore, che insieme a tutta l’Europa, resta senza parole, nel vedere un’armonia più bella di una sinfonia di Mozart. Quest’anno chi viene da fuori ed entra al Teatro Maradona a mostrare il suo spettacolo, resta sempre deluso, perchè la sinfonia che non è di casa viene coperta dalla musica di questa cornice fatta di note musicali che insieme a chi danza in mezzo al campo, ammaliano le televisioni di tutto il mondo: ebbene si, perchè il Napoli, la compagnia teatrale che si occupa del Diego Maradona, è riuscita a portare il teatro in televisione e non c’è fuso orario che tenga.

Gli orari improponibili non fermano chi vuole emozionarsi come la cornice del quadro del direttore Spalletti, che si viva in Messico o in Corea del Sud, o addirittura in Georgia, paese che si sta rivelando grande scopritore di artisti validi e degni di far parte di questo spaziale spettacolo. La città di Napoli da sempre è stata maestra nell’unire il sogno alla realtà, grazie a chi più di tutti permetteva di emozionarsi: Pino Daniele, Massimo Troisi, Edoardo De Filippo, Vincenzo Salemme, sono solo alcune delle persone che nel corso della loro vita, grazie alla loro arte, pura e accessibile a tutti, hanno emozionato un popolo che dal mondo vuole solo questo. Il direttore Spalletti merita di far parte di questa cerchia ristretta visto ciò che la compagnia del Napoli e del Teatro Maradona sta facendo per la città intera, una compagnia che ha deciso di uscire dagli schemi nazionalistici per iniziare un percorso che potrebbe portare anche nei migliori teatri europei, i posti che veramente contano e che gli artisti del palco sperano un giorno di calcare. Napoli dà voce anche a chi non ha mai saputo urlare, al Teatro Maradona vince chi lotta per la meravigliosa cornice che ha unito il più impossibile dei sogni con la più probabile delle realtà, continuando ad immaginarsi incredibilmente meraviglioso, solo che questa volta, ad occhi aperti.